Uno dice: una sedia. Ma, per esempio, guardatevi queste tre gallery di sedie: la prima 1849/1949, la seconda 1950/1969, la terza 1970/2002. È affascinante che un tema tutto sommato basico possa essere oggetto di un’infinità di variazioni. Per trovarne mille altre – forse non tutte così rilevanti, ma qualcuna sì – basta farsi un giro per Milano in questi giorni, tra Salone del mobile e Fuorisalone.
Produrre una variazione su un tema vuol dire lavorare su un concetto o una forma o un fenomeno in maniera estensiva, mantenendo alcune costanti e prendendosi la libertà di cambiare tutto il resto fino a toccare, e magari a superare, i confini di quel concetto, di quella forma, di quel fenomeno. Può essere un gioco, una sfida o un’ossessione.
In ogni caso l’idea della variazione è potente in sé, si tratti della ricerca di un singolo autore o del misurarsi di molti autori su un medesimo tema, e per questo in qualsiasi serie di variazioni il tutto è maggiore della somma delle parti. Racconta la molteplicità dei possibili. Ci fa capire che c’è sempre qualcos’altro da fare, e un ulteriore spazio di pensiero, appena poco più in là.
È il motivio per cui qualsiasi tipo di variazione sul tema mi affascina in sé. Si tratti di un capolavoro della musica barocca come le Variazioni Goldberg di J.S. Bach (eccole nell’impareggiabile esecuzione di Glenn Gould) o di un gioco sul web come i doodles (le variazioni sul logo) di Google. O, ancora, di un’acrobazia verbale così brillante da lasciare senza fiato come gli Esercizi di stile di Raymond Queneau. Qui c’è il testo, se non l’avete in libreria. Qui c’è un… ehm… curioso remake. E qui c’è la versione di Matt Madden in forma di fumetto.
Si tratti di catturare una molteplicità di comportamenti in uno stesso contesto: guardatevi questo bel lavoro fatto da Alécio de Andrade sui visitatori del Louvre. O si tratti dello stesso soggetto (architetture industriali del primo ’900) replicato da un’infinità di ignoti artisti.
A pensarci bene, anche disegnare un font è eseguire una serie di variazioni su un tema, replicando nelle diverse forme delle lettere la medesima armonia di curve e angoli, spessori, proporzioni. Lo è declinare una campagna pubblicitaria secondo un format (un tema grafico, visivo e concettuale ricorrente). È lavorare sulle variazioni quel che fa Monet ormai vecchio e malato agli occhi, quando dipinge ninfee (circa 250 opere con lo stesso soggetto) e scrive: non dormo più per colpa loro. Di notte sono continuamente ossessionato da ciò che sto cercando di realizzare. Mi alzo la mattina rotto di fatica. È lavorare sulle variazioni quel che fa Yayoi Kusama con i pois.
E sì, forse a tutti noi capita di misurarci spesso con compiti simili l’uno all’altro. Magari, per uscire dallo logica stanca della ripetizione, e restituire a quanto facciamo una dimensione creativa, potremmo pensare che stiamo, anche senza essere Bach, Monet o Kusama, esercitandoci in una serie di variazioni sul tema. Cosa che, fra l’altro, aiuta a cercare ogni minuscolo spazio di miglioramento.
L'articolo Idee 66: variazioni. Creatività espansa, affinata, ossessiva… sembra essere il primo su Nuovo e Utile.